Sebastiani scrive dal carcere: “Nessuno ci appartiene”. La sorella di Elisa: “Egocentrico”
18 Gennaio 2025 03:00
Era la fine di maggio, quando chiedemmo a Massimo Sebastiani, l’operaio condannato a vent’anni di reclusione per il femminicidio di Elisa Pomarelli, se potesse rispondere a dieci domande. La prima era se avesse già pensato di fare del male ad Elisa, prima di quel 25 agosto 2019, quando la giovane finì strangolata in un pollaio a Carpaneto da quello che considerava “amico”; l’ultima, se lui intendesse chiedere scusa alla famiglia di lei, alla mamma, al papà, alle sorelle. Il carcere di Piacenza bloccò l’intervista, “per mancanza di autorizzazione da parte degli Uffici competenti”, scrissero gli uffici. Non insistemmo oltre.
Ieri però, a quasi otto mesi di distanza da quell’invito a parlare, in redazione è arrivata una lettera scritta a mano e in stampatello, firmata proprio da Sebastiani: l’assassino, che tre mesi fa è stato trasferito nel carcere di Parma, parla per la prima volta in cinque anni e mezzo e lo fa in diciannove righe. Si presenta così, come “il responsabile della morte di Elisa Pomarelli”.
“Avrei voluto veramente parlare di tutto”, si legge nella lettera arrivata in via Benedettine. “Ciò che ancora adesso non capisco è come posso aver fatto una cosa del genere”.
Molte frasi sono senza punteggiatura, un fiume in piena, come se scrivesse di getto, tutto d’un fiato. Parla paradossalmente di Elisa al presente, e forse neppure se ne accorge: “Avrei voluto parlare del rapporto che ho con Elisa”, dice. “Ma soprattutto avrei voluto dare un messaggio, che nessuna vita ci appartiene“.
Aggiunge un appello: quando nascono forme ossessive fatevi aiutare, invita, “subito, magari anche da professionisti, perché quando succedono queste cose le conseguenze sono tremende, in primis la perdita di una vita e poi le sofferenze che si creano alle famiglie”.
Dura e ferma la reazione della sorella di Elisa, Debora Pomarelli: “Credetemi, è semplicemente un egocentrico. Vuole sempre stare al centro dell’attenzione. E lo fa paradossalmente anche adesso. Poteva chiederci perdono in tribunale, ma non l’ho mai visto pentito. E quello che ha fatto rimane. Non può essere perdonato. Ha ammazzato mia sorella. Ce l’ha portata via. Con noi ha sempre recitato. Non si è mai mostrato per quello che realmente era. Quindi, perché dovrebbe aver smesso di recitare proprio ora?”.
A ripercorrere il femminicidio sarà nelle prossime settimane un documentario interamente prodotto da Telelibertà. Si intitola “Senza Elisa”.
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