Ripensare Gaza: lo studio del Polo piacentino del Politecnico di Milano
26 Febbraio 2025 09:00
Durante il semestre autunnale dell’anno accademico 2024/25, nell’ambito del corso di laurea magistrale in Sustainable Architecture and Landascape Design del Polo Territoriale di Piacenza – Insegnamento “Architectural Design Studio 1”, alcuni studenti hanno partecipato al corso “Territori frammentati, spazi urbani di contatto e resilienza metropolitana” che si è svolto nell’ambito del Collaborative Gaza Studio.
La pianificazione urbana in territori frammentati come la Striscia di Gaza, la Cisgiordania e il Sudafrica post-apartheid rappresenta un’intersezione cruciale tra resilienza, resistenza e innovazione.
Questi luoghi, segnati da oppressione sistemica e divisioni socio-politiche, pongono sfide uniche a progettisti e urbanisti. Tuttavia, l’integrazione di soluzioni basate sulla natura (NBS), soluzioni basate sulla cultura (CBS), cartografia metropolitana e progettazione partecipata permette di reimmaginare questi paesaggi come spazi di equità, connessione e sostenibilità.
Frutto della collaborazione tra il programma Landscape Architecture for Global Sustainability (GLA), Università palestinesi e libanesi e il Politecnico di Milano, il corso ha fornito strumenti per analizzare e intervenire nei contesti urbani frammentati, sottolineando l’importanza della conoscenza locale e di modelli metropolitani innovativi.
«In ogni modulo – spiegano le docenti Antonella Contin e Alessandra Pandolfi insieme ai tutor Arxhenda Lipovica e Andrea Ardizzi – abbiamo evidenziato il valore della conoscenza locale, dell’intelligenza territoriale e di approcci metropolitani innovativi per ripensare i territori frammentati. Questi temi, centrali nel corso di laurea magistrale in Sustainable Architecture and Landascape Design del Polo Territoriale di Piacenza del Politecnico di Milano, riflettono l’impegno crescente verso la diplomazia scientifica». «L’obiettivo è consolidare il ruolo del Politecnico e del Polo di Piacenza come protagonisti nell’elaborazione di politiche informate sulle sfide globali, con un focus particolare sulla formazione».
«Gaza e Cisgiordania – continuano le docenti – incarnano la frammentazione urbana attraverso barriere, campi profughi e infrastrutture divise. Casi studio come il campo di Tulkarem mostrano la resilienza delle comunità; la mappatura strategica consente di visualizzare le ingiustizie spaziali e integrare Nature Based Solutions (NBS) e Cultural Based Solutions (CBS), utilizzando pratiche ecologiche e culturali per riconnettere comunità e ripristinare ecosistemi danneggiati. La progettazione di “spazi di contatto” è essenziale per superare divisioni socio-politiche: questi spazi, come armature verdi o centri informali, favoriscono dialogo e identità condivisa, rispondendo alle esigenze ecologiche. Il patrimonio metropolitano diventa una piattaforma per la crescita inclusiva, esplorando l’intersezione tra paesaggi culturali e naturali. Città come Città del Capo dimostrano gli effetti duraturi della segregazione urbana ma offrono spunti su come il retrofitting strategico e il patrimonio metropolitano possano promuovere l’inclusività».
«Riqualificare ex “città invisibili” e integrare spazi marginalizzati crea narrazioni di resilienza condivisa, una pianificazione resiliente deve bilanciare sistemi umani e naturali. Politiche basate su NBS e CBS, connesse a conoscenze locali e obiettivi globali di sostenibilità, tracciano la strada per territori più resilienti. Il design ha il potenziale di trasformare confini in opportunità e vuoti in centri. Progetti come la rigenerazione delle coste di Gaza mostrano come il design partecipativo promuova solidarietà e azione collettiva. Questi sforzi riflettono la filosofia del Sumud (perseveranza costante) sostenendo memoria culturale ed equilibrio ecologico».
Il corso evidenzia il ruolo della pianificazione urbana nel trasformare territori frammentati. Fondendo conoscenza locale e solidarietà globale, si possono creare spazi che resistono all’oblio e promuovono sostenibilità. La progettazione diventa così un atto di guarigione, ricucendo il tessuto sociale ed ecologico per immaginare futuri più inclusivi ed equi.
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